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Il Piccione Viaggiatore - Lingua Madre

Lettera quarta

Da un`idea della Direzione Artistica della dante Genk, a cura di Alice Lenaz, in collaborazione con la scrittrice Manù Blanca.

Rekem, Belgio

22/4/2022

Cara Manù,

ho preso carta e penna con la precisa intenzione di raccontarti dei pensieri nati dalle letture del mese trascorso…ma come sai sono volubile e mi sono distratta. Nel momento esatto in cui il foglio e la stilo erano pronti a ricevere le mie parole per te, mi sono soffermata a riflettere sul fatto che si sarebbero composte secondo le regole di un idioma preciso. Perfino nella loro estetica, nella maniera di tracciarle sulla carta, nel movimento collaudato sin dall` infanzia, emerge il potere che intercorre fra le sagome del nostro modo di ragionare, suggerito con forza dalla propria lingua Madre. Prima ancora del talento al linguaggio, delle proprietà della scrittura, del numero di vocaboli conosciuti, prima della composizione di ogni frase, l`intenzione di ciò che desideriamo esprimere appare nella mente. E sebbene sia noto come sinapsi e neuroni interagiscano rapidamente per tradurre il tutto in una fila di parole, resto affascinata dal momento in cui la nostra idea non è che un concetto, un armonico, fosse un suono, chiarissimo e assoluto. Immagina potessimo scambiarci davvero quel tipo di precisione, quella chiarezza di significato, l`abbattimento delle incomprensioni, la morte delle parole inutili…

Le parole inutili si riconoscono facilmente, sono quelle che distraggono l`ascolto, quelle che mentre risuonano, lasciano spazio ad altre parole ancora, nella nostra testa, anch`esse, con ogni probabilità, un po`scariche. Ma l`intensità della concentrazione dipende anche dal livello dell`empatia personale, cioè dalla proprietà di far risuonare i pensieri, la presenza, dell`altro nelle nostre stanze. E pensa un po', al di la delle molte lezioni della vita, dell`ambiente circostante, della mole d`amore ed odio che ognuno riceve, è anche la nostra lingua madre a sostenerci in questo senso. Chi possiede una moltitudine di parole, potrà godere il lusso di descrizioni molto precise, di similitudini, di metafore che forse non aumenteranno l`intensità dell`emozione provata, ma certamente la comprensione di essa. La lingua madre è il secondo ritmo che sappiamo avvertire, dopo il battito del cuore. Il liquido amniotico ne rende il volume molto più lieve, ne filtra gli acuti, ma pure in quel lago, percepiamo i toni e le melodie delle parole. Quando i timpani poi, dopo la nascita, si liberano, pronti all`ascolto, sarà la nostra lingua madre ad accarezzarci, insieme a chi di noi si prende cura. E via via, per ripetizione, per la stessa ragione per cui si canta, per gioco, per condividere le prime esigenze, il linguaggio principia il suo viaggio, dal dentro al fuori, sino a che, più grandi, non si impara quello importantissimo dal fuori al dentro. A quel punto le parole iniziano a mutare, a diventare curiosamente esse stesse simboli, colonne, ispirazioni, bombe ma anche mani tese, ponti. Sta a noi sceglierne la funzione, la direzione.

La lingua madre è un elemento fondamentale della nostra idea di famiglia, la vera radice. Fluente circola dal cuore alla mente, amplificata dalla musica unica e rassicurante della naturalezza, un concetto piuttosto interrotto nei nostri tempi contemporanei. Le sue caratteristiche sono il frutto di secoli e secoli di vissuto, di sperimentazione, di contaminazioni, desideri e tensioni e della voglia di essere presenti, attraverso l`affermazione del pensiero. Del resto il potere gravitazionale del verbo è cosa nota sin dalle prime forme di religiosità, le quali nelle diverse culture, spesso, attribuiscono la nascita del tutto ad un suono, una sillaba, una parola detta, un canto. Seguendo con rispetto queste vie si può comprendere facilmente come la madre lingua rappresenti anche la vera colonna sonora della nostra esistenza, tanto che perfino un preciso accento è capace di farci sentire improvvisamente a casa.

Lo capiscono bene, i migranti come noi.

Quando per mille e uno motivi decidiamo di vivere altrove, di seguire un idea, un amore, di scappare da una gabbia, di metterci alla prova, il primo ostacolo da superare sta proprio nella perdita della parola. Tralasciando le personali attitudini comunicative, o gli idiomi passe par tout, iniziare a parlare una nuova lingua, dopo i vent`anni, non è sempre così facile. Inizialmente ci si sente amputati, legati all`elementare utilizzo delle poche parole imparate, generalmente ordinarie e generiche. Così, talvolta senza accorgercene, per stanchezza o per timore di cadere in errore, si tace. Per imparare una nuova lingua è necessario ad ogni modo essere in amicizia con la propria. E`la lingua madre che ci aiuterà a fare i confronti, a trovare similitudini e differenze.

Ed eccoci ancora al dogma sull`importanza della lettura, quale antidoto ai silenzi non desiderati, all`impoverimento della comunicazione, alla necessaria fluidità espressiva. Ognuno di noi possiede uno scrigno, colmo delle parole del cuore, e una gabbia di ferro, piena di vocaboli urticanti…

Le mie preferite, sin ora, sono: cicaleccio, aureo, arabesco, clangore, sinapsi, trillo.

E quali sono le tue?

Ti bacio in italiano, Alice.




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