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LE BRIOCHES DI PLACE PIGALLE

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Giovanni Boldini, Ritratto di Giuseppe Verdi, 1886

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Giovanni Boldini, Ritratto di Giuseppe Verdi, 1886

Siamo alle solite, come può mai pensare che Marcel, piccolo com`è, possa portare giare di pani così piene. Poi finisce che s`inciampa tra i ciottoli, e la veglia di una notte intera se la mangiano i piccioni di place Pigalle. Marito mio, una di queste mattine ci arriva qualche lavata di capo dalla madre, certo la povertà è un brutto affare, ma anche la schiena rotta a dieci anni non è un granché .

Sono già  le 10 del mattino e ancora Monsieur Boldini non s`è visto. Quale stranezza, solitamente a quest`ora se ne sta appoggiato alla carrozza di Andre`, mentre chiude gli occhi ad ogni morso di brioche. Che uomo elegante, che begli abiti, e che volto sfacciato. Sembra abbia un tornado sotto ai piedi. I riccioli sulla testa vanno verso l`alto, disobbedienti, lo stesso fanno i moustache e le sopracciglia. Un viso da volpe selvatica che ha imparato dagli uomini il più seducente dei sorrisi.

Ah come sarebbe esser la moglie di un pittore, altro che i grembiuli impolverati di farina…fossi io la sua sposa, allora sì che potrei infiocchettarmi di tessuti pregiati e i miei passi fruscerebbero sui pavimenti delle sale da ballo e dei teatri. Ora che le crinoline passano di moda potrei ben competere con le figure magre e slanciate che il Maestro dipinge. Certo le mie braccia van coperte, che il fuoco del forno le ha segnate tante di quelle volte, servirebbero un bel paio di guanti come quelli delle vetrine del centro, quelli sì che aggiusterebbero tutto.

Eccolo, eccolo che arriva! Un pizzico alle gote, un piccolo morso alle labbra, raddrizzo la cuffia e finalmente..

<<Bonjour Monsieur Boldini!>>

Saluti, la solita brioche, un sorriso più aperto del solito. :<<Siete felice oggi Maestro? Avete gli occhi che brillano!>> Mi risponde  che, tra meno di mezz`ora, avrà visite allo studio, dovrà eseguire un altro dei suoi ritratti. Gli chiedo quale dama incanterà il palazzo con il suo passo elegante e lui, un sorriso ancora, mi risponde che oggi dipingerà una bella tinta, una musica soave. Tutti uguali questi artisti, più parlano e meno si capisce! Si allontana fischiettando, il sole scintilla sui metalli delle carrozze, ed eccolo lì`, nel suo angolo preferito a godersi gli schiamazzi e la crosta di zucchero.

Mezz`ora giusta e la vetrina si fa scura, d`improvviso pare sera inoltrata. Alzo gli occhi dai conti e vedo scendere da un cocchio blu scurissimo tre persone che non avevo mai visto. Due uomini col cilindro e una Signora con una cuffia chiusa, stretta sotto al mento. Li sento salire al piano di sopra, sarà mica lei la nuova modella? Proprio non sembra una delle muse del Maestro. Ora prendo lo sgabello e vado ad ascoltare da quella fessura del soffitto, se va come al solito si sente solo il rumore dei pennelli che sfregano sulla tela, che lui, quando dipinge, pare muto. Avvicino la brocca senza fondo all`orecchio e questa volta, invece, c`è un gran brusio di parole. Non sento la voce di Monsieur Boldini ma i due uomini con lui in studio non tacciono neppure un secondo. Parlano italiano, perché non capisco quasi nulla, qualche volta si fermano e cantano. Anche la Signora s`infila nei discorsi, ha il tono di una lamentela. Mai sentito suoni del genere dallo studio del Maestro. Passano altre due ore e di colpo le voci si alzano, questa volta sono tre gli uomini che parlano. Il volume cresce, la voce della donna appunta le frasi degli altri, poi la porta sbatte e in men che non si dica la carrozza trotta via e in bottega torna la luce. Ah no, questo non è un buon affare, è la prima volta che sento l`uscio chiudersi cosi al piano di sopra…

:<<Agnes, Agnes ci siete?>>

<<Oui,  bien sûr!>>, rispondo io e correndo al banco mi ritrovo il Maestro di fronte. Ordina una brioche ancora, mi dice che oggi ha bisogno di più zucchero. Neppure il tempo di avvolgerla nella carta celeste che lui mi racconta, è la prima volta che mi parla per davvero, che ha sbagliato un ritratto e che teme di aver perso un`occasione.

Mi dice : <<Capite Agnes, come potevo trovare l`attenzione… Quel suo allievo, Muzio, non ha taciuto neppure un momento. Ha fatto un gran parlare di spartiti, di tonalità, di quel che devono  fare i violini, e la scenografia che non segue i colori delle arie. Insomma, capite Agnes? Si ritrae cio`che si vede e il modello deve star fermo! Come posso spiegare un volto che si distrae a me di fronte? Una posa e`una posa, è come una pausa nella musica.  E poi, pure la moglie! Peppina, la chiama lui, un vero tamburo! Mentre quel musico distraeva il modello quella lamentava che lo studio è troppo buio, che non si possono fare bei quadri luminosi in un luogo così cupo. Così io, che tentavo di catturarlo ad ogni costo, non facevo che sentire nelle orecchie il rumore del buio di cui lei blaterava…alla fine il ritratto è venuto talmente scuro, che le uniche cose del Maestro Verdi che saltano agli occhi sono le mani pallide, la barba bianca, e quel che spunta della camicia. Per di più gli ho fissato in viso l`espressione mia di quel momento, incredula e infastidita. Devo assolutamente riaverlo in studio, ma come posso domandare un`altra posa…un ritratto senza il sorriso del modello nel momento esatto in cui si volta la tela, non vale nulla>>.

Cosa posso mai rispondere ora?

Io so fare buone torte, ho anche fantasia, ma la pittura…quella chi la capisce?

Decido di non inoltrarmi in consigli che proprio non potrei dare e cosi`, per tirarlo un po`su di morale, provo a buttarla in chiacchera e gli dico di invitarlo a colazione, lo rassicuro sul sapore, che sarò io a prepararla per tutti e due. Lui mi sorride, ha quell`espressione di chi si intenerisce per l`ovvia bontà dei bambini, prende la brioche e se ne va.

Passa poco più di una settimana e di nuovo, alle 11 esatte, la bottega si fa notturna. La stessa carrozza blu scurissimo, questa volta però, un cilindro soltanto, in testa al Musico con la barba bianca, piano piano sale  di sopra. Corro allo sgabello, brocca e soffitto, ma niente, nulla di nulla. Non vola una mosca. Si sente solo la musica dei gessi sul foglio ruvido, che si rincorrono da un angolo all`altro. Ecco, ora sono in pensiero, e se neppure stavolta, quel Verdi, ne uscirà soddisfatto? Oppure era Monsieur Boldini a non accettare d`aver fallito…

:<<Agnes, Agnes…manca il vostro tocco. Appena riuscite, servite per noi la colazione, ho raccontato al Maestro Verdi della vostra crosta di zucchero, la migliore di tutta Parigi>>.

Non me lo farò certamente ripetere due volte! In men che non si dica sono alla porta dell`atelier, mio marito non è che alla sua seconda ora di sonno diurno. L`uscio si apre, la luce entra da una finestra che da sulla piazza. Ma quale buio! Il Maestro Verdi si toglie il cilindro e mi saluta come se mi aspettasse per davvero. Che charme questi italiani…e che occhi limpidi, un colore cosi`, si trova solo nel fondo della Senna, in quei giorni indecisi tra l`azzurro, il verde e il grigio. Che nome avrà mai questo colore? Mi risponde, dal cavalletto, il fondo di un bellissimo ritratto. Io nel mezzo, di Maestri, ve ne sono ben 3 in questa stanza, uno è doppio. Che disegno meraviglioso, pare sia bucato negli occhi, pare si vada altrove, passando per quelle gallerie. Sembra quasi si muova, la barba, la sciarpa, il viso fermato l`attimo prima di un sorriso. Il Maestro Verdi addenta una delle mie brioches, scaglie di zucchero e sfoglia gli finiscono sulla barba, mentre con le dita tamburella sul tavolo e socchiude gli occhi. Poi si alza e si mette di fronte all`opera, quel che vedo io è un uomo allo specchio. La brioche è finita, finito è anche il ritratto, i due si sorridono ed io capisco che non ci sarà un`altra posa. Verdi canticchia tre note, poi si volta, mi guarda e dice a Monsieur Boldini:

<<Caro Giovanni, avevi proprio ragione…la miglior crosta di zucchero di tutta Parigi!>>.

Alice Claudia Lenaz

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