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BIANCA PITZORNO: NON SOLO BAMBINE CORAGGIOSE

Ex Libris Sara Boero

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Bianca Pitzorno è l’autrice italiana che più ha contribuito a un cambiamento di prospettiva sul tema delle differenze di genere, influenzando profondamente l’immaginario della mia generazione (e non solo).

Nel 1973 il saggio “Dalla parte della bambine” (Feltrinelli) di Elena Gianini Belotti documenta lo scenario desolante (e in larga misura tragicamente ancora attuale) dei condizionamenti sociali sui ruoli di genere fin dalla primissima infanzia. Negli stessi anni Bianca pubblica i suoi primi romanzi per ragazzi: è l’inizio di una carriera lunga e brillante, che per tante giovani lettrici sarà uno dei più potenti “antidoti letterari” a quei condizionamenti velenosi.

Le bambine che popolano i libri di Bianca Pitzorno non sono brave, ubbidienti e composte. Non sono nemmeno improbabili supereroine dai molti talenti, come il contemporaneo “politicamente corretto” di grana grossa impone alle protagoniste femminili (generando cartonati artificiosi capaci di combattere, pilotare astronavi e sgominare il villain di turno senza perdere la messa in piega). Quelle che escono dalla penna di Bianca sono bambine vere. Coraggiose, ma anche dispettose; capaci di generosità e di egoismo; pronte a difendere i più deboli ma pur sempre bisognose di venire difese a loro volta, come qualsiasi altro essere umano.

Una galleria di protagoniste diverse, sempre credibili, che ha salvato intere generazioni di donne dall’appiattimento dei modelli di rappresentazione: Lavinia, Polissena, Prisca, Diana… sono solo alcuni dei nomi ricercati, dal sapore un po’ retrò, delle nostre “amiche di carta”. I romanzi di Bianca Pitzorno, oltre all’indiscutibile qualità letteraria, hanno avuto - e hanno ancora - un impatto sociale forte nella costruzione di rappresentazioni diverse. Un valore che viene riconosciuto troppo poco, nelle stanze della “cultura alta” - sempre frettolosa nel bollare la letteratura per l’infanzia come narrativa “di serie B” e i grandi romanzi per ragazzi come “fiabe” (senza, apparentemente, aver mai capito cosa sia una fiaba - con buona pace dei fratelli Grimm).

Bianca Pitzorno è un’autrice versatile, che nonostante il successo sullo “scaffale ragazzi” non si è mai rinchiusa nel ruolo di scrittrice per l’infanzia. Ha pubblicato saggi (tra cui il gioiello che è “Storia delle mie storie”, edito da Pratiche, reperibile nella riedizione Net), romanzi storici (come la “Vita di Eleonora d’Arborea”, principessa sarda, edito da Mondadori) e romanzi destinati a lettori adulti.

“La vita sessuale dei nostri antenati” e il più recente “Il sogno della macchina da cucire” (rispettivamente Mondadori e Bompiani) raccontano ancora, in forme nuove, storie di contrasto tra il personaggio femminile e l’ambiente, e il difficile incastro del “sé” (con tutte le sfaccettature e possibili declinazioni) nei ruoli preformati e unidirezionali che la società ha riservato alle donne. Lo fanno senza vittimismo, senza retorica, dosando con intelligenza quell’ironia e quella leggerezza che hanno sempre caratterizzato la scrittura di Bianca.

Se in “Parlare a Vanvera” (Mondadori) la scrittrice si diverte e de-costruire modi di dire e proverbi attraverso l’invenzione narrativa e linguistica, in “La bambinaia francese” (Mondadori) gioca a sorprendere il lettore ribaltando il punto di vista di un classico (“Jane Eyre”). E (finalmente) ci porta a chiederci: siamo sicuri che un uomo capace di imprigionare la moglie impazzita in una torre possa vestire i panni dell’eroe romantico?

Una produzione, dunque, ricchissima, con registri anche lontani, che purtroppo nel panorama editoriale italiano si sente la necessità di “collocare” su uno scaffale alto o basso (all’estero le etichette sembrano essere in questo senso meno rigide: si pensi a Neil Gaiman, serenamente ondivago nelle sue uscite orientate a “lettori privilegiati” diversi).

I libri di Bianca Pitzorno non invecchiano: ancora oggi nutrono l’immaginario di migliaia di lettori. Nel frattempo “le sue bambine” sono cresciute e sono diventate donne adulte, consapevoli e coraggiose.  Anche grazie a lei.

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